Verona, 06 aprile 2011
Clamorosa svolta nel caso dell’omicidio di Maria Armando Montanaro, uccisa 17 anni fa, il 23 febbraio 1994, nella sua casa di Praisola di San Bonifacio (Verona). La procura di Verona ha infatti riaperto il caso. Nel registro degli indagati sono finite 5 persone, ed è questo che fa più clamore: si tratta infatti delle due figlie della signora Montanaro, Katia e Cristina, che all’epoca dei fatti avevano 19 e 21 anni, e di tre loro amici. L’ipotesi nei loro confronti è di omicidio volontario premeditato e il movente sarebbe, forse, una questione di soldi.
IL FATTO: il 23 febbraio 1994 Maria Armando Montanaro, un’infermiera di 42 anni, viene trovata morta nel suo appartamento dalla figlia Katia, 19 anni. Il suo corpo, sul quale l’assassino ha infierito con circa venti coltellate, si trova adagiato sul letto. Prima di finire in quella posizione, però, è stato trascinato lungo il corridoio, come testimoniano le tracce. L’omicida inoltre ha infierito sulla vittima, ma non attraverso un rapporto carnale, bensì abusando di lei con il manico di una scopa. Il 9 marzo 1994 viene fermato Alessio Biasin, 58 anni, preside di una scuola a Monteforte Talpone (Vr), che aveva una relazione con la Montanaro. A incastrarlo sembrano essere alcune contraddizioni sul suo alibi. Alcuni mesi più tardi però viene scarcerato: sulla scena del crimine non c’è alcun elemento che faccia ipotizzare un suo coinvolgimento nella vicenda. Anzi, l’analisi di alcune impronte trovate vicino alla donna fanno ipotizzare che l’assassino possa essere una donna. Alessio Biasin, risarcito per l’ingiusta detenzione, morirà nel 2001 in un incidente stradale. L’omicidio di Maria Armando Montanaro resta dunque senza un colpevole, un cold case.
LA SVOLTA: Lo scorso autunno il pm Giulia Labia riapre il caso. Un uomo, in carcere per altri motivi, racconta che la sua fidanzata gli avrebbe confessato di aver partecipato, in gioventù, ad un omicidio. La donna, che era amica delle due sorelle Montanaro, durante un’intercettazione ambientale, avrebbe poi fatto alcune importanti ammissioni circa l’omicidio di Maria Armando Montanaro. Dalle indagini è emerso che nel delitto sarebbero coinvolte le due figlie della donna, altre due amiche (tra cui quella intercettata) e un altro amico di origini argentine. All’epoca dei fatti erano tutti giovani ragazzi. La richiesta di custodia cautelare nei confronti dei 5 indagati per ora è stata respinta, a causa di problemi procedurali circa l’intercettazione ambientale. L’accusa comunque sostiene di avere elementi probatori molto pesanti nei confronti dei sospettati.
IL MOVENTE: Il movente potrebbe essere l’eredità della vittima. Difficile quindi non collegare questo caso a quello di Pietro Maso che tre anni prima, nel 1991, a una decina di chilometri di distanza da San Bonifacio aveva massacrato la sua famiglia per un analogo motivo.
Si attendono ora i prossimi sviluppi sulla vicenda sperando, da un lato, che finalmente si riesca a fare giustizia dando un nome all’assassino di Maria Armando Montanaro e dall’altro, però, augurandosi che questo nome non sia proprio quello delle due figlie.