Bergamo, 1 aprile 2011
“Quel 26 novembre (alle ore 19) ero li’, esattamente li’ e i miei fari facevano luce su quelle persone che andavano in quella direzione”.
Ecco quanto scritto in una lettera anonima giunta al quotidiano L’Eco di Bergamo a proposito dell’omicidio di Yara Gambirasio. Nonostante in questi mesi ne siano arrivate molte di lettere anonime, questa sembra essere stata presa in seria considerazione dagli inquirenti. A scriverla un agente di commercio di 40 anni, che il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara, si sarebbe trovato proprio intorno alle 19 nel campo di Chignolo d’Isola, dove 3 mesi più tardi sarà ritrovato il corpo della ragazza. La volontà di mantenere l’anonimato sarebbe dettata dal fatto che l’uomo, in quel frangente, si trovava in compagnia di una prostituta.
“La donna mi ha portato nello spiazzo esattamente di fronte al campo. C’era buio, serata abbastanza fredda e da poco aveva smesso quel mezzo nevischio/pioggia. Avvicinandomi al limite della strada notiamo che non ci sono auto in zona, ma due scooter parcheggiati di traverso: non mi sembrano scooter grandi, da patente, anche se non me ne intendo di moto, sono scooterini da ragazzi. Non ricordo il colore, penso fossero neri, al massimo blu scuro o grigio scuro. C’è un casco a terra e uno sulla sella. Con i fari per pochi secondi ho fatto luce nel campo dove ho visto, anzi abbiamo visto, delle figure che si allontanavano o meglio si addentravano nel campo. Sembravano litigare, o forse scherzavano, e avevano fretta. Ho solo due certezze: che erano tre e che erano le 19 in punto del 26 novembre”.
Secondo il misterioso testimone, quindi, potrebbe trattarsi di tre ragazzi, forse Yara e i suoi due assassini. Nella lettera l’uomo cita anche il nome della prostituta (una donna di colore) che era con lui e che, se rintracciata, potrebbe confermare o smentire i fatti. La coppia, proprio a causa della presenza di queste tre persone, avrebbe quindi deciso di appartarsi in un altro posto, a circa un chilometro da quel campo di via Badeschi.
L’agente di commercio avrebbe ricollegato l’accaduto solo in seguito alla notizia del ritrovamento del corpo di Yara proprio in quel campo. Nella sua lunga lettera scritta al computer emergono anche i suoi sensi di colpa per non aver parlato prima:
“Mi attribuisco solo un mese di senso di colpa, volevo e dovevo scrivere o parlare dal giorno del ritrovamento. Ho riconosciuto subito in tv il posto, anche se l’avevo visto al buio, ma per conferma con punti di riferimento come il capannone e la discoteca ci sono tornato di giorno e vi assicuro che quel 26 novembre ero lì”.