Roma, 30 marzo 2011
Manuel Winston, un filippino di 41 anni, si trova in stato di fermo per l’omicidio di Alberica Filo Torre, avvenuto nel lontano 1991. L’uomo nei mesi precedenti l’omicidio aveva lavorato nella villa dell’Olgiata, ma poi era stato licenziato. Ora, a distanza di 20 anni, ad inchiodarlo ci sarebbero delle tracce di Dna trovate sul lenzuolo della contessa.
LA RICOSTRUZIONE: I fatti relativi a quello che tutti ricordano come “il delitto dell’Olgiata” avvengono il 10 luglio 1991. In un’elegante villa dell’Olgiata, zona esclusiva a nord di Roma, c’è gran trepidazione, fin dal mattino. Alle 7 infatti, ci sono già 4 operai e la servitù che sistemano il giardino e la piscina. È’ il decimo anniversario di matrimonio dei proprietari, la contessa Alberica Filo della Torre e il costruttore romano Pietro Mattei, e la sera verrà data una festa con parecchi invitati, quindi tutto deve essere in perfetto ordine.
La contessa e i suoi bambini, Manfredi e Domitilla, si svegliano verso le 7.45, mentre Pietro Mattei è già attivo e sta per andare al lavoro. La cameriera filippina Violeta Alpaga porta la colazione in camera alla contessa e questa, poco dopo, scende in cucina, dove trascorre un po’ di tempo con i bambini. In casa c’è anche la baby sitter inglese, Melanie.
Verso le 8.45 la padrona di casa torna nella propria camera. Da questo momento il silenzio. Verso le 9.15 la domestica Alpaga e la piccola Domitilla provano a bussare alla camera della contessa ma non ricevono risposta. La porta è chiusa a chiave. Alle 11, preoccupata da quel silenzio prolungato, la cameriera filippina utilizzando una seconda chiave apre la porta della camera: Alberica Filo della Torre è lì, ancora in pigiama, riversa nella moquette verde smeraldo accanto ai piedi del letto. Ha un’evidente contusione sulla tempia destra e non respira. È morta.
L’autopsia stabilirà che è morta per strangolamento, provocato da un lenzuolo e sopraggiunto dopo che la vittima è stata tramortita da quel colpo alla tempia, sferrato probabilmente con uno zoccolo. Aveva 42 anni e una vita apparentemente perfetta. Le indagini iniziano quasi subito e quella villa che si preparava a ricevere gli invitati alla festa si trasforma quel giorno stesso in una “centrale operativa”, dove gli inquirenti ascoltano ininterrottamente le persone presenti al momento dell’omicidio.
L’omicidio di via Poma risale ad appena un anno prima (il 7 agosto 1990) e la paura è che anche in questo caso l’assassino rimanga senza un nome. E proprio come per l’omicidio di Simonetta Cesaroni, anche per questo delitto ora, a distanza di 20 anni e grazie alle tecniche più moderne, la soluzione sembra possibile. Da una parte il fidanzato, Raniero Busco, dall’altro il domestico, Manuel Winston. Persone note agli inquirenti fin da subito, ma all’epoca non coinvolte o coinvolte e poi scagionate. Ricordiamoci però che una persona è davvero colpevole solo dopo 3 gradi di giudizio. La legge dunque deve fare il suo corso, prima che due dei più grandi casi di cronaca nera della capitale e dell’Italia intera possano considerarsi davvero chiusi.
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