Yara Gambirasio e il suo corpo che parla.
Parla attraverso gli oggetti repertati da inquirenti e medici legali nella tragica giornata di ieri, quando un cadavere è stato scoperto – esattamente tre mesi dopo il giorno della scomparsa della tredicenne di Brembate – in un campo a pochi chilometri da casa sua, in un luogo più volte perlustrato e controllato durante le immense e dettagliate ricerche da parte della Protezione Civile.
Ma adesso la parola passa alle indagini e agli inquirenti perché sono stati recuperati diversi oggetti che appartenevano a Yara. Oggetti che potrebbero contenere tracce biologiche importantissime.
Sono “cose importantissime”, ha spiegato il Questore di Bergamo, recatosi sul posto, ” qualcos’altro lo stiamo ancora cercando”.
Gli oggetti sarebbero: la sim, la batteria del cellulare, l’i-pod e le chiavi di Yara.
“Da ieri pomeriggio”, ha continuato Vincenzo Ricciardi, “sono al lavoro ininterrottamente gli esperti scientifici dell’Ert, cercano ogni traccia minuziosa”.
Una delle ipotesi che sta venendo a galla riguarderebbe la possibilità che a rapire e uccidere Yara Gambirasio sia stata una persona del posto, una persona insospettabile, una persona anonima.
Alcuni indizi indicherebbero una buona conoscenza del territorio di Brembate e di quello circostante.
Il criminologo Carmelo Lavorino, in diretta su Sky nel pomeriggio di ieri, ha parlato di “pedofilo con le ore contate” e di “terribile e crudele giocatore di scacchi”, un soggetto freddo, lucido, calcolatore e organizzato. Che ha conoscenza del territorio e dell’ambiente, e che probabilmente sapeva che lì, in quel campo, il 16 gennaio 2010 era stato ritrovato il cadavere di un extra comunitario.
Si dovranno aspettare i rilievi scientifici, le tracce biologiche sulla scena del ritrovamento del corpo, che si presentava in avanzato stato di decomposizione, le analisi sulla posizione del corpo di Yara, e si dovranno aspettare anche i nastri delle telecamere della zona e il lavoro da parte degli inquirenti sulle intercettazioni telefoniche relative alla zona del ritrovamento.
Se il corpo non è rimasto lì per tre mesi, l’assassino di Yara Gambirasio sapeva bene quando poter scaricare il cadavere senza essere notato.
Oppure l’assassino aveva un complice in questa agghiacciante storia di cronaca nera italiana.
Nei tre mesi di ricerche, anche gli operai di una ditta di laminati industriali della zona si erano impegnati nelle ricerche di Yara: “Io ci sono stato a cercare là, non c’era assolutamente niente”, ha detto un operaio che, secondo quanto riferito, apparteneva al gruppetto di ricerca che all’epoca aveva battuto proprio la zona del ritrovamento del corpo di Yara.
In queste ore, in attesa dell’autopsia che verrà eseguita lunedì a Milano, dell’analisi dei resti del cadavere di Yara di cui ha iniziato ad occuparsi la dottoressa Cristina Cattaneo, anatomopatologa, già presente ieri sulla scena del ritrovamento del cadavere, vengono battute agenzie che parlano di “segni di arma da taglio su collo e schiena” di Yara Gambirasio.
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