Si riapre il caso di Valerio Verbano, il giovane comunista ucciso in casa il 22 febbraio 1980 con un colpo di 38 special alla schiena. La Procura di Roma ha infatti confermato l’iscrizione al registro degli indagati di due uomini, comparsi nel dossier sulla destra romana su cui il giovane aveva lavorato per anni e riconosciuti da alcuni testimoni. A dare la notizia il quotidiano La Repubblica: 24 mesi di lavoro guidati dal procuratore aggiunto Pietro saviotti e il pm Erminio Amelio hanno portato al risultato attuale.
Si tratterebbe di due uomini all’epoca coetanei di Valerio Verbano, oggi cinquantenni: uno si troverebbe all’estero, l’altro sarebbe un professionista che vive in Italia. Entrambi militanti della destra romana, avrebbero agito nel contesto delle vendette tra estremisti di destra e di sinistra, in una Roma nel pieno degli anni di piombo. Non si tratterebbe però di soggetti collocati in un’organizzazione, ma di “cani sciolti”. Riconoscibili su uno dei centinaia di brevi report che Verbano custodiva nella sua casa di via Monte Bianco, appunti accumulati in tre anni e corredati anche da fotografie. “La notizia che ci sono finalmente due nomi collegati all’omicidio di mio figlio è un sollievo. Se dopo 31 anni si riuscisse a scoprire qualcosa sarebbe meraviglioso”, ha dichiarato la madre del giovane ucciso.
IL CASO VERBANO – Valerio Verbano inizia la sua vita politica nel 1975: appassionato di fotografia, comincia a documentare gli avvenimenti politici dell’epoca e a redigere una personale inchiesta sull’estrema destra romana. Aveva di fatto condotto indagini personali e redatto un fascicolo, poi detto dossier NAR, contenente numerose informazioni, nomi, luoghi e documentazione fotografica. Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano viene arrestato con l’accusa di fabbricazione di materiale incendiario Durante la perquisizione della sua casa vengono sequestrate un’arma da fuoco e del materiale d’inchiesta. Nello stesso anno il materiale sequestrato scompare dagli archivi. Valerio Verbano viene condannato il 22 dicembre 1979.
Il 22 febbraio del 1980, alle 12.44, tre giovani armati e con il viso coperto da un passamontagna entrano nella casa del giovane, in via Monte Bianco (quartiere Monte Sacro). Immobilizzano i genitori e aspettano il rientro di Valerio da scuola. Quando il giovane rientra a casa, viene assalito. Durante la collutazione Verbano riesce a disarmare uno degli aggressori, poi tenta di fuggire da una finestra ma il colpo alla schiena di una calibro 38 è fatale. Morirà in ambulanza durante la corsa verso l’ospedale.
Alle ore 20 di quello stesso giorno arriva la prima rivendicazione che porta la firma del Gruppo Proletario Organizzato Armato. Alle 21 ne segue un’altra dei Nuclei Armati Rivoluzionari, avanguardia di fuoco NAR. Poi il volantino del giorno dopo, verso le ore 12, sempre a nome Nar. Un’altro volantino fa la sua comparsa a Padova dieci giorni dopo, ma gli inquirenti ne disconoscono la veridicità dando invece credito a una telefonata sempre dei Nar, dove si fa riferimento alla calibro 38 utilizzata per l’omicidio.
Il dossier Nar di Valerio Verbano, sparito dagli archivi prima della sua morte, sarebbe ricomparso con il Giudice Mario Amato, un giudice che indagava sull’eversione nera e che muore per mano dei NAR il 23 giugno 1980.